un grande piccolo uomo

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Di questa bella e originale tomba di famiglia, nel cimitero di Senigallia, davanti al mare, mi aveva incuriosito il fatto che accanto ad alcuni nomi (il secondo e il terzo dall’alto) non ci fosse la croce, indice di un credo politico o/e filosofico particolare e poi la dedica in fondo a Ottorino Manni.

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Una piccola ricerca ed ecco che ho scoperto un’altra figura luminosa dell’anarchia di inizio ‘900, quando si chiamava così il socialismo. Ecco la lapide che ancora si legge in Senigallia, la sua città  e che fu dettata per lui da Enrico Malatesta

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Da notare la data della posa della lapide: ovviamente a fascismo caduto, nel 1946

Dicono di lui qui  e qui

Manni era nato a Fano nel 1880. All’età di sei anni e mezzo venne colpito da una grave malattia (soffriva di un’anchilosi agli arti superiori e inferiori che gli ostacolava gran parte dei movimenti e che lo costrinse, per quasi tutta la vita, dentro casa) ma ciò non gli impedì di essere un osservatore attento ed un testimone prezioso del suo tempo. Torcicollo, poliartrite, nefrite, emorragie e poi crisi asmatiche e cardiache lo afflissero per tutta la sua esistenza…

Manni dedicò tutta la sua attività di pensiero e di scritti alla lotta per la emancipazione degli oppressi e dei diseredati. L’obiettivo da raggiungere era quello di arrivare alla libertà sociale che, secondo il suo convincimento, si sarebbe potuta ottenere solo attraverso la via della rivoluzione.
Conobbe direttamente invece Luigi Fabbri ed Errico Malatesta,il più grande rivoluzionario del novecento che andò a conoscerlo personalmente il 1 settembre del 1913, al termine di un comizio tenuto in Senigallia. Lo stesso Malatesta invia a M. la tessera di giornalista collaboratore del quotidiano “Umanità Nova”. 

Il Fascismo, non potendo infierire sul suo corpo, lo punisce togliendogli la possibilità di scrivere. M. muore a Senigallia il 17 Gennaio 1925, ai suoi funerali, nonostante il momento, partecipano oltre 2000 persone di Senigallia e delle zone vicine (in maggior parte “sovversivi”, secondo i rapporti della PS) vi fu anche un tentativo di protesta, represso prontamente da Carabinieri e forze dell’ordine. L’epigrafe, ora in una lapide affissa in Senigallia, fu dettata direttamente da Malatesta.